Camilla Cianfanelli ha trascorso l’estate in Guatemala, è stata una volontaria preziosa che ha messo…

Sembrava finita invece… Sukuma Sukuma!
La giornata è quasi giunta al termine, è già buio, manca la corrente e una candela illumina la nostra stanza. Sono già passate due settimane dal nostro arrivo a Lubumbashi, non posso fare a meno di ripensare a tutte le cose viste e vissute. Abbiamo trascorso giorni intensi tra le attività in brousse e lo stage in ospedale.
La campagna di sanità mobile sta per concludersi.
Questa giornata è iniziata come tante altre, Papa Jean è venuto a prenderci con la jeep, abbiamo trovato il resto dello staff in clinica e dopo aver mangiato samusa e bignè, siamo partiti in direzione del villaggio di Mwamba. Il viaggio è lungo e faticoso, ma tra chiacchere e risate raggiungiamo la nostra meta.
È mezzogiorno quando iniziamo le attività: io aiuto Augustine, infermiere di Kanyaka, a visitare le donne incinta; Anna, la volontaria nutrizionista, si occupa della pesa dei bambini e Giulia, la collega ostetrica, dei vaccini; prima di lasciare il villaggio Karil e Flavie sensibilizzano le famiglie sull’importanza dell’allattamento al seno.Risaliamo in jeep, la giornata è quasi finita.
Ultima tappa prima del rientro a casa è il centro di salute di Kanyaka, dove vivono Augustine e Karil; qui ci aspetta una sorpresa.
Io e Giulia veniamo catapultate nella sala parto del centro di salute: una donna sta per partorire il suo terzo figlio. “Rubando” il posto a PapaJoseph, tecnico di laboratorio, mi ritrovo in prima fila ad assistere al parto, ma non sono sola, la sala parto è affollata: Karil incita la donna a spingere “sukuma sukuma”, Giulia è pronta a prestare le prime cure al neonato, Anna sta per vedere il suo primo parto e Manu è in attesa di fare la prima foto al bebè.
Le condizioni della sala parto sono sicuramente diverse da quelle a cui sono abituata, il materiale a disposizione è poco ma essenziale; mi stupisco sempre di più di come vengano sfruttate al meglio le poche risorse che hanno e le poche informazioni che la donna riferisce: qui le ecografie non vengono fatte, raramente si eseguono gli esami del sangue, le visite solitamente sono 3\4 durante tutta la gravidanza ma, grazie alla loro esperienza e manualità, riescono ad ottenere tutte le informazioni essenziali.
In un batter d’occhio nasce una bellissima bimba di 3500gr, il parto va nel migliore dei modi e le emozioni, di per sé già tante durante qualsiasi parto, sono in questo contesto amplificate, mi porterò sempre nel cuore questa esplosione di sensazioni per aver assistito, in Africa, ad una nascita “nonostante tutto” perfetta.
Mi giro ancora scossa e vedo un team eterogeneo e strano in cui ognuno ha felicemente dato il suo contributo.
Ridiamo la bimba alla sua mamma, facciamo un’ultima foto ricordo ed esausta ma elettrizzata salgo in jeep: la giornata è davvero finita. Non c’è modo migliore per festeggiare questa giornata di vera vita congolese che con fufu e birra!
BAYO!
Elisa
Care ragazze, sono un pediatra, il vostro racconto è pieno di entusiasmo ed il vostro impegno e bene che dia buoni frutti per le persone che incontrate ogni giorno. Mi sono soprattutto piaciute poche semplici parole “Karil e Flavie sensibilizzano le famiglie sull’importanza dell’allattamento al seno” … sappiate che nel mondo sono milioni i bambini che muoiono per cause legate al mancato allattamento al seno e nessuna azione è più importante di sostenere e proteggere una mamma che allatta. Cacciate a calci nel sedere chiunque cerca di “spacciare” latte artificiale perché quando voi sarete andate vie potrebbero rimanere solo le foto dei bambini che avete incontrato e .. nulla più. Siete giustamente contente della nuova vita che avete visto nascere prima di partire dal villaggio ed anche qui i guasti dell’uomo bianco sono incalcolabili. Cercate di sensibilizzare le ostetriche a non recidere subito il cordone ombelicale ma di aspettare a recidere anche nel caso di presenza di HIV (vi è un documento dell’OMS che raccomanda il ritardato clampaggio anche in questo caso) e soprattutto nel caso che un bambino nasca “male” imparare a rianimare il piccolo con il cordone ombelicale intatto attaccato alla placenta ponendo il piccolo alcuni centimetri al di sotto del cosiddetto piano placentare mentre si eseguono le manovre. Il modo migliore per nascere e rimanere attaccati alla placenta almeno fino al secondamento e se le condizioni lo consentono anche oltre e poi allattare al seno il più a lungo possibile. Altro non dico.
saluti
massimo m. alosi