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PARTIRE CON AMKA

E’ sempre difficile cercare di trasmettere quello che un viaggio ti ha dato, perché sono tante e diverse le emozioni che hai provato e a volte è difficile anche spiegarle a te stesso.

Potrei parlarvi di tante cose: del laboratorio che abbiamo fatto con i ragazzi della scuola popolare di Nuevo Horizonte sulla tematica di genere, dei momenti tristi e di quelli divertenti che ci sono stati durante le tre settimane in Guatemala, degli incontri quotidiani che facevamo con i rappresentanti della Comunità che ci hanno raccontato dei sacrifici che hanno dovuto fare per costruire quello che Nuevo Horizonte è diventato oggi. Ma alla fine penso che come non si può descrivere un profumo, non posso descrivervi tutto questo e se vorrete scoprirlo, l’unico modo è andarci e respirare quel profumo unico.

Io proverò a raccontarvi quello che significa per me decidere di partire con AMKA oggi, in questo mondo, in questa società dove purtroppo tendiamo sempre più a chiuderci verso l’altro. Partire con AMKA vuol dire uscire da se stessi, rompere quella crosta che tenta di imprigionarci nel nostro “io”; vuol dire smetterla di girare intorno a noi stessi e pensarci al centro del mondo; vuol dire partire nudi ovvero spogliati delle nostre abitudini, delle nostre convinzioni, dei nostri abiti per vestire quelli del luogo che ci ospiterà; vuol dire avere il coraggio di lasciarsi andare e lasciarsi coinvolgere per scoprire parti di noi stessi che non conoscevamo; partire non è divorare chilometri né attraversare oceani: partire è anzitutto aprirci agli altri, scoprirli, aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre; partire con AMKA vuol dire partire a cuore aperto; vuol dire avere gli occhi spalancati per riempirli di quelle immagini, di quei volti, di quei sorrisi e colori; vuol dire avere le orecchie tese per ascoltare le parole e le storie di chi si incontra, perchè il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare.

Ho detto partire con AMKA perchè AMKA ti dà la possibilità di immergerti totalmente nella storia, nella cultura, nel modo di vivere, pensare, di relazionarsi delle persone che vivono nella Comunità. Avere la possibilità di mangiare insieme a loro vuol dire innanzitutto entrare nelle loro case, nella loro dimensione privata, intima, familiare e scoprire che in pochissimo tempo diventi anche tu parte di quella famiglia. Avere la possibilità di lavorare per una giornata nel vivaio vuol dire sporcarti anche tu, come loro, le mani di terra e sterco, vuol dire condividere la fatica e il sudore per un progetto che porterà sicurezza alimentare, sviluppo sociale e autosostenibilità economica a 350 famiglie di contadini guatemaltechi. Avere la possibilità di entrare nel cimitero di Nuevo Horizonte e vedere che lì le tombe sono tutte dipinte a colori, vuol dire imparare che significato danno loro alla morte.

E in un mondo come il nostro dove tanto si parla di accoglienza, a me questo viaggio ha lasciato il ricordo che rimarrà con me sempre, che anche a 15 ore di aereo, 9 di pullman e 8 di fuso orario, abbiamo trovato persone, donne e uomini, pronti ad accoglierci in casa loro, a darci da mangiare e a raccontarci le loro vite, senza chiedere nulla in cambio, se non un sorriso. E sopratttutto un viaggio come questo mi ha fatto tante volte ripensare a quella frase scritta su un muro di Nuevo Horizonte che recita: “Fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come il colore degli occhi, noi continueremo a lottare”.

Noemi Marà, volontaria Guatemala 2018

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