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La gravidanza nei villaggi del Congo: i racconti di Matilde e Vanessa, nostre volontarie ostetriche

Ricordiamo del Villaggio di Kaniaka quelle due bambine che portavano sulla schiena, avvolti nei pagne, i loro due piccoli fratellini malnutriti in cura presso il Centro di Salute costruito e gestito da AMKA. Abbiamo scattato loro una foto: sorridevano nella tragicità della loro vita. Una donna stendeva fuori i suoi panni, aveva partorito due gemelli, belli e in buona salute, quella stessa notte alla luce di una candela.
Incontriamo Jean Paul, oggi è lui l’infermiere di turno presso il Centro di Salute di Kaniaka.
Siamo entusiaste di incontrarlo, abbiamo molte domande da porgli.
Jean Paul ci mostra la sala parto: c’è giusto un lettino ginecologico e un ripiano che funge da fasciatoio con una bilancia non del tutto funzionante. Pochi strumenti: uno stetoscopio ostetrico in legno, guanti, qualche ferro chirurgico, una pipetta per aspirare il neonato alla nascita, un metro e una candela per assistere i parti la notte, perchè qui ovviamente la corrente non c’è!
Accanto alla sala parto c’è una piccola stanza con quattro letti che ospitano le mamme e i loro bambini.
Jean Paul ci accoglie nel suo studio, contento di poterci raccontare.
Questo Centro di Salute gestito da AMKA accoglie ogni giorno le donne dei villaggi. Jean Paul ci spiega che le gravide effettuano la prima visita a gravidanza inoltrata, di solito nel II o III trimestre. Non è sempre facile raccogliere i dati anagrafici e anamnestici delle gestanti; spesso non conoscono la data dell’ultima mestruazione, a volte ricordano solo il mese o addirittura l’anno. Risulta quindi difficile datare la gravidanza, verificare se la crescita del bambino in utero è normale e stabilire la data probabile del parto. Qui ci sono donne che non conoscono neanche la loro età anagrafica.
Jean Paul srotola il suo metro, ci mostra il suo stetoscopio di legno ed esclama: “Ecco, sono questi i miei strumenti!” e noi non possiamo fare a meno di pensare ai nostri ecografi, cardiotocografi e via discorrendo. “La medicina è una per tutti”, continua Jean Paul, “ma voi potete avvalervi della tecnologia, noi non abbiamo che le nostre mani, i nostri occhi e la nostra testa!”
Nella scheda anagrafica notiamo la segnalazione dell’età materna inferiore ai 19 anni. Jean Paul ci spiega che la donna in Congo è considerata adulta dopo i 18 anni e che solo dopo la maggiore età può sposarsi e avere figli. In caso contrario dovrebbe essere segnalata alle autorità.
Purtroppo accade spesso che donne giovanissime rimangano gravide. Vengono accolte comunque presso il Centro e vengono fatti loro tutti gli esami come alle altre donne, ma con un occhio in più. A 18 anni si è ancora adolescenti, cosa si conosce della vita? Niente! Queste ragazze hanno ancora bisogno dell’educazione della casa e si ritrovano madri. Inoltre non dobbiamo dimenticare i problemi fisici: il bacino di una quattordicenne non può supportare bene una gravidanza e un parto.
Ogni mese Jean Paul e gli altri professionisti si recano nei villaggi per visitare le donne in gravidanza ed eseguire la consultazione prenatale.
Queste donne non sono istruite, non andrebbero mai in ospedale o in una struttura sanitaria per farsi visitare e inoltre non potrebbero permetterselo economicamente. I controlli in gravidanza vengono effettuati gratuitamente dal personale del Centro di Salute di Kaniaka e partorire presso il Centro costa dai 5,000 ai 10,000 franchi congolesi (circa 5-10 dollari) in base ai tempi di permanenza. Nel caso in cui la famiglia non possa pagare, le donne vengono comunque accolte, anche perchè rifiutarle significherebbe esporle al rischio di una gravidanza non seguita e di un parto assistito dalle mani poco esperte delle “mammane” dei villaggi.
Qui nessuno viene mandato via!
I principali rischi a cui una gestante può andare in contro sono legati alle troppe gravidanze, alle gravidanze troppo precoci e alle gravidanze tardive; proprio per questo la donna africana viene considerata la madre delle “3 T”. Le molte gravidanze sono giustificate dal fatto che mettere al mondo numerosi figli è un modo per queste donne di assicurarsi il sostentamento da parte del marito il quale altrimenti non sarebbe obbligato a provvedere per loro.
Altro importante problema è dato dall’anemia; in Africa molte donne sono anemiche a causa della malnutrizione e della malaria e grazie ai controlli eseguiti dal personale del Centro di Salute di Kaniaka, le donne anemiche possono essere precocemente identificate.
Viene prescritto loro il ferro da assumere durante la gestazione e inoltre viene chiesto loro di essere accompagnate al parto da qualcuno che possa donargli il sangue nel caso in cui si verificasse un’emorragia.
Questo è l’unico modo che hanno per salvarsi la vita!
“I principi della medicina sono gli stessi in tutto il mondo, ma non resta che una differenza tra i Paesi sviluppati e quelli del terzo mondo: in quest’ultimi l’assistenza medica non è scontata. Se una famiglia non possiede i soldi per comprare una medicina, la cura non viene somministrata o se un marito non paga affinché venga effettuato un taglio cesareo, l’intervento non viene eseguito; poco importa se quella donna o quel bambino (o entrambi) moriranno”.
Rimaniamo in silenzio. Non c’è più nulla da aggiungere a quelle atroci verità.
Jean Paul ci guarda e afferma: “per lavorare qui bisogna essere forti e avere sangue freddo!”.
Matilde e Vanessa

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