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Intervista a Francine: responsabile del progetto di lotta alla trasmissione verticale dell’HIV

Intervista a Francine: responsabile del progetto di lotta alla trasmissione verticale dell’HIV

Cosa significa essere tutti i giorni responsabile dell’ambulatorio del progetto di prevenzione alla trasmissione verticale materno-fetale dell’hiv?
Lo abbiamo chiesto proprio a lei, Francine, che da circa 15 anni con impegno e dedizione si occupa dello screening e della presa in carico dei soggetti affetti da hiv. In particolare abbiamo cercato di capire come ci si sente nei panni di chi, tutti i giorni, ha la responsabilità di comunicare il risultato positivo del test dell’hiv. Dietro a questo però, non c’è solo la semplice comunicazione del risultato del test, bensì il dover far capire alla persona ciò che significa, ma soprattutto cosa dovrà fare per poter continuare a vivere dignitosamente.
“ questo ruolo mi fa sentire stressata, provo compassione per i miei pazienti, ma so che devo dire la verità immediatamente, senza troppi giri di parole, perchè potrebbe andare a scapito della comunicazione stessa” ci racconta Francine “lo stress è dovuto soprattutto dal fatto che devo capire immediatamente quale sia il modo più efficace per arrivare al mio obiettivo in base a chi mi trovo di fronte”.
Questo perché all’ambulatorio della PTME hanno accesso persone di qualsiasi estrazione socio-culturale, ed è qui che Francine deve mettere in pratica le sue doti comunicative: essere chiara ma con delicatezza, per essere certa che nessuno esca dall’ambulatorio senza aver capito a pieno il concetto di sieropositività e tutto ciò che lo concerne (follow-up).
“Ho capito che il modo migliore per entrare in empatia con il paziente è cercare di creare un rapporto di confidenza, fattore fondamentale anche per arrivare all’obiettivo principale: la consapevolezza della persona sieropositiva e la piena adesione al percorso terapeutico”.
Continuando a parlare con Francine abbiamo capito quanto questo lavoro abbia un forte impatto emotivo da parte dell’operatore sanitario che si vede investito di tanta responsabilità, così ci è sembrato quanto mai interessante chiederle se avesse delle storie di pazienti dalle quali era stata particolarmente colpita.
“ne ho molte, sapete in 15 anni sono state tante le persone incontrate”.
Così sceglie di raccontarci di una coppia inviata da un altro ospedale all’ambulatorio della PTME in quanto l’uomo iniziava ad avere dei sintomi riconducibili all’aids e la donna era incinta. Entrambi risultarono positivi al virus. Nel momento in cui Francine ha annunciato il risultato, Abigael, così si chiama la donna, è caduta a terra piangendo, poiché aveva capito che il marito l’aveva tradita. Subito dopo si è alzata ed è corsa verso la porta, voleva scappare, ma Francine ha evitato che ciò accadesse. È riuscita a creare un dialogo tra i due coniugi, i quali, tornando a casa, si sono chiariti (il marito ha chiesto scusa) e insieme hanno deciso di seguire la terapia, soprattutto per il bene del bambino che Abigael portava in grembo.
Ad oggi il bambino ha 4 mesi e risulta negativo per l’HIV, ma per essere considerato totalmente fuori pericolo dovranno passare almeno altri 14 mesi. L’uomo, che inizialmente aveva cominciato ad avere dei sintomi a causa della sindrome, ora sta meglio e la donna segue la sua terapia senza avere sintomi.
L’ultima cosa che ci incuriosisce è sapere se abbia mai riscontrato delle differenze tra uomo e donna nella propensione a sottoporsi al test. Scopriamo che le donne hanno meno resistenza a sottoporsi al test rispetto agli uomini poiché sono meno informate sulla malattia. Invece gli uomini, che risultano maggiormente consapevoli del virus e di ciò che esso comporta sono più restii a sottoporsi al test.
Quest’ultima domanda fa riemergere nella mente di Francine la storia di Joseph. Ce la vuole raccontare:
“Joseph ha vissuto dal 2003 al 2016 con la convinzione di essere sieropositivo, senza però aver mai avuto il coraggio di fare il test per paura di confermare le sue supposizioni. In questi anni non ha mai più avuto rapporti sessuali, per evitare di contagiare l’eventuale partner. Finalmente però qualche mese fa ha deciso di guardare in faccia la realtà, ed armato di coraggio, è venuto in ambulatorio per effettuare il test che, con suo grande sollievo, è risultato negativo”.
Siamo arrivate alla fine di questa intervista, ringraziamo Francine per aver condiviso con noi la sua esperienza, e ce ne andiamo riflettendo su quanto appena sentito, in particolare su quanta poca informazione e quindi consapevolezza del virus ci sia in un paese dove esiste una così alta percentuale di sieropositivi.

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