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Il mio Guatemala: diario di una giovane cooperante

Ore 03:30 dell’8 gennaio, aeroporto di Roma Fiumicino. Ci siamo. La mia avventura sta per iniziare, mi aspettano 6 mesi in Guatemala, a Nuevo Horizonte.

E invece no.

Mi dicono che non posso partire quel giorno. Avevo messo in conto qualche intoppo causa pandemia ma la disperazione mi sovrasta ugualmente, insieme a una forte stanchezza. Alle 04:30 finalmente riescono a trovarmi un altro volo: partirò l’indomani alle 12.30.

Carica di sonno e con un sentore di amaro in bocca me ne torno a casa con un taxi.

Ore 12:35 del 9 gennaio, l’aereo decolla, ci siamo veramente questa volta! Nella mia testa comincio a parlare spagnolo, devo riabituarmi, è quasi un anno che non lo parlo quotidianamente. Per tutta la durata del volo ho un sorriso stampato sul viso, dormo poco, forse 3 ore nonostante la nottata in bianco del giorno precedente ma l’adrenalina è troppa.

A Città del Guatemala prendo un bus notturno per Horizonte. Anche lì non chiudo occhio per paura di perdere l’attenzione e non scendere alla fermata giusta, e in fondo faccio bene: arrivo alle 04:15 circa nonostante mi avessero detto le 06. Ad accogliermi ci sono Miguel e Rony. La comunità è al buio, non ci sono lampioni. Intuisco un po’ la conformazione delle strade e delle case. La curiosità aumenta.

Nei giorni seguenti vengo sommersa dalle presentazioni ufficiali, tutti mi accolgono a braccia aperte e con un grande sorriso, la compañera Silvia è finalmente arrivata. Per strada i bambini mi guardano incuriositi e non mancano di farmi domande su chi sono.

Realizzo – o forse ancora no – che sono qui, che vivrò qui per i prossimi sei mesi. Sarò parte di questa comunità, una comunità piccola ma con grandi sogni. Vedo negli occhi delle persone luce, speranza ma soprattutto tanta voglia di fare. Questo mi dà forza e voglia di mettermi in gioco, ma allo stesso tempo mi mette paura: paura di non essere all’altezza, di deludere queste persone, tutti pensieri che credo essere più che normali i primi giorni in una realtà nuova, dall’altra parte del mondo, e per questo non mi lascio scoraggiare.

Non so bene cosa aspettarmi, la mente galoppa ancora tanto. Forse meglio. Ho imparato con l’esperienza a non avere aspettative riguardo le “missioni”, i castelli che costruiamo la maggior parte delle volte vengono spazzati via: ogni posto nel mondo è diverso, ogni persona è diversa, e bisogna lasciarsi trascinare dagli eventi con gli occhi, le orecchie ma soprattutto il cuore aperto.

Quindi forse più che aspettative ho tanti sogni e tante speranze.

Spero in questi mesi di poter sognare insieme a questa comunità e alle altre che fanno parte del progetto Amka, di tessere una tela di relazioni umane nonché lavorative; di essere in grado di capire le loro necessità e i loro suggerimenti, di far bene sempre e dare il massimo. Sogno di poter entrare in punta di piedi a far parte di questa grande famiglia, di lasciare un bel ricordo di me, di piangere forte quando andrò via a luglio, di piantare un seme di amore e stima. Sogno di essere ricordata come una hermana oltre che come una cooperante perché senza affetto non c’è cooperazione che tenga. L’elenco è lungo e tante cose non riesco a scriverle nero su bianco.

Però ecco, questo si, di speranze e sogni ne ho veramente tanti e spero nessuno di questi venga deluso e farò del mio meglio affinché si realizzino in questo meraviglioso posto chiamato Nuevo Horizonte.

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