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Il Congo tra ricchezza e povertà
La Repubblica Democratica del Congo è un paese ricco di materie prime e di risorse, in cui la popolazione vive in condizioni di vita precarie e di disagio sociale (da qui il titolo Il Congo tra ricchezza e povertà): le cause di questa situazione vanno ricercate nella storia di questa nazione. La storia del Congo è caratterizzata dalla guerra, corruzione dilagante che ha coinvolto personalità chiave che avrebbero potuto lavorare per migliorare le condizioni di vita della popolazione e far ripartire il proprio paese, invece hanno pensato prevalentemente ad arricchire loro stessi alimentando i traffici clandestini di minerali preziosi e strategici per le multinazionali occidentali.
Nei villaggi in cui l’associazione opera le condizioni di vita sono precarie: vi è un’economia di sussistenza basata primariamente sul dono e sul baratto; le opportunità di lavoro per le donne sono molto limitate: esse si occupano prevalentemente della coltivazione del campo della famiglia. Gli uomini, invece, svolgono lavori occasionali e si occupano della produzione del carbone, della raccolta della legna e della loro vendita in città. Queste occupazioni, per la maggior parte degli abitanti dei villaggi, rappresentano l’unica attività redditizia attuabile che gli permetta di guadagnare del denaro. Il problema della difficoltà di trovare un lavoro remunerativo fa sì che le famiglie dei villaggi abbiano un reddito molto basso, in alcuni casi quasi inesistente. Questa condizione non gli permette di soddisfare neanche i bisogni primari, quali l’acquisto di cibo, l’accesso alle cure mediche ed alle medicine, un’istruzione adeguata, di ristrutturare la propria abitazione al fine di renderla un luogo pulito e sicuro in cui vivere.
Secondo un’indagine condotta dalla World Bank nel 2012, il 71,3% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, percentuale che sale al 75,7% se si considerano solo le zone rurali. L’istruzione è riconosciuta come un diritto fondamentale, ma tutte le strutture scolastiche sono a pagamento, quindi, di fatto, a circa 4,7 milioni di bambini viene negato questo diritto: il 70% della popolazione è analfabeta. Come le strutture scolastiche, anche quelle ospedaliere sono a pagamento e si stima che il 31% della popolazione non abbia accesso alle strutture igienico – sanitarie. Inoltre, nei villaggi nessuna casa ha l’accesso all’energia elettrica e all’acqua potabile: si stima che in tutto il paese il 40% della popolazione non abbia accesso all’acqua potabile ed il 90% all’energia elettrica.
La popolazione dei villaggi non ha la forza e i mezzi per poter uscire da questa condizione di vita: la mancanza di un’istruzione adeguata non le permette di comprendere l’importanza di mandare i propri figli a scuola, di capire del tutto la propria condizione e quella delle persone che la circondano, di intraprendere un’attività lavorativa redditizia. Dunque, essa non ha i mezzi per intraprendere un percorso di cambiamento mirato al miglioramento della propria condizione e quella dei propri figli. L’unico modo per attuare tale percorso di cambiamento è l’intervento esterno che, nella stragrande maggioranza dei casi, non arriva dal governo e dalle istituzione locali, ma da organizzazioni estere che hanno preso a cuore la situazione.
In questa realtà, quindi, i progetti di sviluppo realizzati dall’Associazione AMKA Onlus risultano uno strumento molto importante per lo sviluppo e la crescita della popolazione locale e per la lotta alla povertà. In particolare, giocano un ruolo di primaria importanza il progetto di sostegno alle attività produttive, ovvero il microcredito che permette alle donne povere dei villaggi di intraprendere un’attività economica ed il commercio equo e solidale che sostiene alcune cooperative locali di artisti-artigiani della malachite; il progetto di alfabetizzazione dedicato ad adulti e bambini; i progetti sanitari tra cui la lotta all’HIV ed alla malnutrizione.
Sara Castaldo
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