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IL CONGO CHE MI HA APERTO GLI OCCHI

Nel 2014 avveniva la mia prima esperienza in Africa, nel continente tanto sognato fin da bambina che è diventato reale e tangibile solo quando ho conosciuto “la famiglia Amka”.

Un viaggio che mi aveva permesso di entrare in contatto con tutte le persone che lavorano per questa associazione e che nonostante la frenesia della nostra vita hanno continuato ad accompagnarmi nel corso degli anni.

Anni nei quali era rimasto vivo in me il desiderio di voler tornare in quella terra, ma per tanto tempo restò un mero desiderio che conservavo gelosamente, ripetendomi “andrò nuovamente in Congo quando e se servirò a qualcosa”. Poi una mattina come tante altre decido di passare in ufficio Amka qui a Roma e così…da una porta che si apre arriva la proposta che volevo, fu Giulia a chiedermi se avevo voglia di accompagnarla in Congo in questa estate 2018.

Mi pregò di pensarci, di prendermi una settimana di tempo per riflettere ma io avevo già deciso: VOLEVO PARTIRE, ERO PRONTA! Iniziò un periodo di preparazione del progetto di prescolarizzazione che eravamo stati chiamati a realizzare e di conoscenza con il gruppo di volontari con i quali avrei condiviso le quattro settimane di viaggio.

Piena d’entusiasmo, finalmente il 7 luglio misi nuovamente piede sulla tanto amata terra rossa di Lubumbashi.

Sapevo di avere ancora qualche problema con il francese, ma questa volta non volevo che l’ostacolo della lingua avesse la meglio sui rapporti con le persone dello staff di Amka Katanga.

Appena riabbracciai Flavie, Faty e Francine capii che quest’anno sarebbe nato con loro un rapporto speciale, non volevo essere la volontaria piena di curiosità che arriva in Congo e si limita a conoscere e farsi conoscere, volevo diventare parte attiva dei progetti che ero stata chiamata a sostenere, iniziò così il periodo di prescuola nel villaggio di Kanyaka, tutte le mattine si partiva da casa insieme allo staff per raggiungere il villaggio e svolgere tutte le attività che erano state preparate per loro con il supporto dei professori.

Oltre cento bambini erano lì ogni mattina ad attenderci e ad entusiasmarsi per ogni singola cosa, da un semplice pennarello per dare sfogo all’immaginazione a una corda per giocare tutti insieme.

I loro sguardi profondi, i loro sorrisi veri e puri riempivano ogni giornata, facevano sì che mi recassi lì sempre più carica di voglia di fare, sempre più grata a loro e soddisfatta di ogni giornata vissuta.

Concluso il percorso a Kanyaka tutto era pronto per ripetere le stesse attività anche nel piccolo di villaggio di Mataba.

Ma come spesso accade, la vita a volte non si fa programmare, ti mette di fronte a delle prove che non avevi pensato di dover affrontare, e così è stato. La “piccola” famiglia Amka si è trovata a dover vivere il dolore per la perdita e l’inattesa scomparsa di uno dei suoi “papà”: Adalberto.

Furono giorni pieni di un lutto intenso, profondo…giorni di lacrime e abbracci ma anche di tenerezza nel ricordare tutto quello che questo piccolo grande uomo aveva fatto per il suo Paese, per la sua gente richiamando in campo il gruppo di italiani conosciuto durante i suoi anni di permanenza nella parrocchia romana di Santa Chiara.

Io lo avevo conosciuto quattro anni prima e subito mi aveva colpito per tutta la forza, la grinta racchiuse in quell’uomo. Ho continuato a conoscerlo anche dopo la sua morte, vivendo intensamente il lutto insieme alla famiglia e allo staff di Amka Katanga. Il giorno del funerale una parola veniva sempre sussurrata dentro di me: Grazie! Grazie Ada, tutto quello che stavo vivendo era possibile grazie a lui. Sicuramente per Amka è stata una perdita immensa, ma la grandezza di questa persona è stata quella di aver creato una realtà, di aver messo al mondo una creatura di nome Amka Katanga e di averla istruita ad andare avanti con le sua gambe nonostante la sua persona e la sua grande personalità.

AMKA TWENDE MBELE! – AMKA ANDIAMO AVANTI! Questo il motto e la promessa di quei giorni. Era arrivato il giorno stampato sul biglietto di ritorno, ma non quello scritto nel mio cuore…non era il momento, sentivo di avere ancora voglia di rimanere lì in mezzo a quello gente, di poter dare loro ancora qualcosa.

E così, d’accordo con lo staff di Amka Italia e con il supporto locale di Francine decidemmo di posticipare di due settimane la mia partenza. Ancora quindici giorni con loro! Tanta voglia di fare, di dare, ma poi come esattamente quattro anni prima mi accorsi che tutto ciò che queste persone erano state in grado di donarmi era immensamente di più di quanto io potevo dare loro.

Ciascuno di loro ha riempito le mie valigie con le loro vite, la loro forza, la loro tenacia, con l’amore per quello che si fa, con l’amore per le piccole cose. Una volta chiuse e portate in aeroporto quelle valigie non pesavano nulla, erano piene un qualcosa che non si può pesare, che non si può chiudere dentro una zip…erano piene d’Amore! Rientrata a Roma dalla mia famiglia italiana quelle stesse valigie sono state aperte e mai più richiuse.

Tutto l’amore per quella terra e quelle persone deve essere donato anche qui nella mia vita quotidiana. Quando si dice che i viaggi possono cambiarci è vero, l’ho vissuto in prima persona in questi quaranta giorni e più di Congo 2018. Ho aperto gli occhi! Gli occhi del mio cuore e non ho nessuna intenzione di chiuderli! Grazie Amka!

Michela Caruso, volontaria in Congo, 2018

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