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Il Centro di Salute di Kanyaka – La Storia di Deborah

Deborah ha 4 anni.

Viene dal villaggio di Mahumbu, al confine con lo Zambia. E’ l’ultima di quattro fratelli, il più grande dei quali ha soli 10 anni. Sua madre Angeline è poco più di una ragazzina. A 25 anni si è trovata a dover crescere da sola i suoi figli dopo che il marito l’ha abbandonata e ha sposato un’altra donna.

Condizione piuttosto comune in Congo, dove i matrimoni “precoci” sono all’ordine del giorno e una bambina è già considerata in “età da marito” fin dal giorno della sua prima mestruazione.

Deborah e sua madre sono arrivate al nostro Centro di salute di Kanyaka ad Aprile. Hanno viaggiato a piedi per sei lunghe ore per arrivarci. Angeline non sapeva dell’esistenza del nostro Centro, ma qualcuno al villaggio, da cui sempre più numerosi arrivano da noi bambini malnutriti, gliene ha parlato.

Deborah è molto malata. Questo era tutto quello che Angeline sapeva quando ha deciso di prendere i suoi quattro figli e venire a Kanyaka.

Quando Deborah è arrivata al Centro di salute pesava cinque chili. Sembra impossibile poter pesare cinque chili a quattro anni. Angeline non poteva immaginare, però, che la malnutrizione non è che una delle piaghe che affligge la sua bambina.

Sottoposta immediatamente alle prime cure a Kanyaka, a Deborah è stata diagnosticata anche la malaria e una sospetta broncopolmonite.

Da quando è arrivata ad Aprile e fino a due settimane fa è rimasta con sua madre e i suoi fratelli al nostro Centro di salute, dove le sono stati somministrati antibiotici, curata la malaria e si è proceduto ad una terapia d’urto contro il suo stato di malnutrizione. Terapia che le ha fatto recuperare, con molte difficoltà, quattro chili.

Sembrerebbe una storia a lieto fine, se non fosse che l’odissea della piccola Deborah non è che all’inizio. Due settimane fa le sue condizioni sono precipitate. La febbre incessante e le gravi difficoltà respiratorie hanno indotto il personale del Centro di salute a decidere per un trasferimento alla clinica universitaria di Lubumbashi.

Deborah è stata ricoverata e sottoposta ad altri esami. In attesa dei risultati, i medici hanno ritenuto necessario cominciare immediatamente la terapia con l’ossigeno. A due giorni dal suo ricovero in clinica, due brutte notizie sono arrivate per Deborah e sua madre. La prima è che Deborah ha la tubercolosi e la broncopolmonite. I suoi polmoni sono praticamente distrutti. La seconda è che non può più rimanere in clinica, perché la somministrazione di ossigeno costa 5000 franchi all’ora (più o meno 4 dollari).

Soldi che sua madre non ha.

L’unica alternativa alla clinica universitaria di Lubumbashi è il Sandwe, un ospedale pubblico che potrebbe prendere in carico tutte le cure di cui Deborah ha bisogno, se non fosse che la sua fama è più quella di una fabbrica di morte piuttosto che di un luogo di speranza. Non potendo fare quindi altrimenti, Amka si è presa carico delle spese mediche relative al ricovero e alle cure che le sono state somministrate alla clinica di Lubumbashi e ha trasferito nuovamente Deborah a Kanyaka.

In attesa di procedere a nuovi e più approfonditi esami, la piccola Deborah è tutt’oggi al nostro Centro di salute dove riceve le migliori cure possibili.

Se la guardi negli occhi vedi più dolore di quanto il tuo cuore possa concepire accostato ad un bambino. Il corpicino minuscolo, le gambine così magre che ti chiedi come facciano a reggerla quando si alza in piedi e vuole camminare.

Perché Deborah lo fa.

Nonostante la febbre, il respiro che entra ed esce appena dai suoi piccoli polmoni martoriati, nonostante tu ti accorga di quanto debole e fragile sia, Deborah vuole camminare. Così ogni tanto si alza e fa qualche passo verso la sua mamma e la sua sorellina.

Il grado di sopportazione del dolore di questi bambini è incredibile. E’ in situazioni limite come questa che i bambini ti insegnano una volta in più, che cosa sia la voglia di vivere. E Deborah vuole vivere! Lo vedi dai suoi occhi e da come il fuoco della forza e dell’energia di tutti i bimbi della sua età, nonostante tutto, non si sia spento.

Al dolore per la situazione in cui versa questo scricciolo di nove chili, si aggiunge la rabbia e una valanga di “se”.  “Se” non fosse stata malnutrita le cure avrebbero  avuto successo e Deborah sarebbe potuta guarire. Ma il suo corpo è invece troppo debilitato per sostenere la normale profilassi.

“Se” la madre non fosse stata sola e troppo povera per potersi permettere un mezzo di trasporto adeguato, lei e Deborah sarebbero arrivate prima a Kanyaka e le cure avrebbero potuto essere più tempestive ed efficaci.

“Se”, “Se”, “Se”. “Troppo malata”, “troppo tardi”.

Parole che molti al di fuori hanno pronunciato.

Parole che non voglio ascoltare.

Se qui in Amka le avessero ascoltate, oggi probabilmente Angeline si troverebbe a fare quello che nessun genitore al mondo dovrebbe fare. Piangere la morte del proprio figlio.

Invece Deborah c’è. E Amka c’è per Deborah. Deborah lotta e noi qui l’aiuteremo a lottare.

Grazie a chi ci aiuta ad aiutare.

Claudia De Luca

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