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Gracias por su amistad

Non è facile esprimere a parole il significato e le emozioni che l’esperienza che ho vissuto come volontaria di Amka in Guatemala mi ha regalato.

Ho sempre avuto il desiderio di toccare con mano le attività che le associazioni che sviluppano progetti di cooperazione internazionale in alcune aree del mondo svolgono per contribuire a migliorare la vita delle popolazioni che ivi risiedono.

Avevo la sensazione che si trattasse di qualcosa di molto importante che vale la pena far conoscere a tutti e, grazie alla scelta che ho fatto decidendo di partire con un gruppo di volontari collaboratori di Amka, ora so per certo che è stata una opportunità unica e indimenticabile.

Il viaggio è durato tre settimane, due delle quali si sono svolte presso la comunità di “Nuevo horizonte”, mentre l’ultima presso la comunità di “La Técnica”.

Si tratta di due comunità molto diverse tra loro, a partire dalla loro collocazione geografica: entrambe si trovano nella regione del Petén, ma “La Tecnica”, a differenza di “Nuevo horizonte”, si sviluppa lungo la sponda del fiume Usumacinta, una caratteristica che consegna al luogo un fascino e una bellezza fuori dal comune!

Nonostante le molte differenze – sulle quali non mi dilungherò perché meriterebbero una trattazione a sé – le due comunità citate sono accomunate da una nota comune, che è uno dei fattori che più mi hanno colpito: mi riferisco a quella forza incredibile che chiunque si rechi a visitare queste terre può immediatamente rintracciare negli occhi di ciascuna delle persone che vivono lì.

Una forza che li contraddistingue nettamente da tutti gli altri esseri umani che vi abitano e che è dovuta a tutti gli anni trascorsi a combattere per ottenere esattamente quella meravigliosa dimensione “altra” che è stata costruita con coraggio, fatica e una grande incrollabile fiducia.
Basta qualche minuto di conversazione con alcuni dei protagonisti di questo grandioso progetto di vita comune per percepire la sofferenza e al contempo la soddisfazione e l’orgoglio che hanno accompagnato i venti anni in cui, dopo la fine della guerriglia, il “sogno” ha preso la forma che siamo in grado di guardare oggi con occhi attoniti.

Le persone che hanno reso possibile tutto questo le vedi lottare ogni giorno, tutt’ora, per raggiungere quel miglioramento in più che sarà in grado di consegnare ai figli, ai nipoti e a chiunque erediterà questo immenso lavoro di ricostruzione, un angolo di mondo in cui regna l’uguaglianza, il rispetto reciproco, la dignità e un grande amore per la natura.

Quella stessa natura verso la quale queste persone si sentono debitrici, per avergli permesso, durante gli anni della guerra, di essere sfamati e protetti.
La comunità tutta è permeata di valori importanti come quelli sopra accennati.

E lo si percepisce anche a scuola, dove abbiamo avuto la possibilità di organizzare alcuni laboratori insieme ai ragazzi di “Nuevo horizonte” sul tema delle differenze di genere.

Non dimenticherò mai la sensazione di sorpresa che ho avuto nell’interagire con questi ragazzi che hanno subito dimostrato di avere una capacità e una coscienza critica senza dubbio superiori al livello che ci si aspetterebbe da giovani di quella fascia d’età.

Nella mia mente non potrà nemmeno essere mai cancellata un’immagine ben precisa, che risale al momento in cui questi ragazzi, per ringraziarci dei giorni trascorsi insieme, ci hanno preparato una festicciola con tanto di musica, cibo (preparato da loro!) e un regalo che adesso è poggiato sul mio comodino e che mi fa venire gli occhi lucidi ogni volta che lo guardo.

Si tratta di una specie di piccola targa su cui è stata applicata una foto fatta durante i laboratori, con accanto una scritta “Gracias por su amistad”.

Ricordo ancora come fosse ieri il momento in cui ce l’hanno consegnata, ricordo i loro occhi dolci e pieni di riconoscenza e affetto, il calore degli abbracci.

In un attimo è svanita la fatica provata qualche volta in quei giorni per noi volontari, cedendo il posto ad un’emozione profondissima e la consapevolezza chiara e inequivocabile di aver appreso più noi con quel gesto di umanità semplice e genuina che loro con le nostre “lezioni”!

Elisabetta, volontaria in Guatemala, 2018

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