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Congo, luogo poco comune

Congo, luogo poco comune

“Che aria tira laggiù?”
“Ma fa tanto caldo, vero?”
“No, io non ci andrei mai: mi fanno schifo gli insetti!”

Queste ed altre le domande che mi orbitano intorno, queste le immagini negli occhi di chi è accanto me, ogni volta che parto per l’Africa. Io son anni che provo a rispondere, ad argomentare ma va sempre a finire che di tutta risposta mi faccio un bel sorriso tra me e me.
Come dargli torto? Non si chiamerebbero “luoghi comuni”, altrimenti.

Per fortuna già qualche anno fa a me il caldo non spaventava ed ero ben determinata a schierare in campo tutta la curiosità che avevo per sconfiggere gli insetti: sono partita. E forse non sono mai davvero tornata?

L’Africa ho imparato a viverla e a capirla piano piano, come i ritmi locali insegnano, attraverso gli occhi e le mani di Amka. Con lei sono cresciuta, ho avuto possibilità e opportunità:
di mettermi in gioco, sperimentando le mie capacità e i miei limiti;
di ricevere responsabilità, prima, di scegliere di prenderne, dopo;
di conoscere.
Di scegliere da che parte stare e che pensiero avere sui quei luoghi comuni.

E’ semplice e diffuso vedere nel volontariato internazionale un sorta di “maglietta di Superman”, una valigia piena di cose che da “qui” vengono portate “lì”.
L’idea che quella valigia all’andata sia invece vuota e al ritorno quasi non si riesca a chiudere perché stracolma è più difficile da immaginare.
Il viaggio di quest’estate, poi, ha praticamente fatto saltare la chiusura lampo della mia!
Perché quest’anno più che mai, al fianco dei miei compagni di viaggio, insieme all’équipe locale che ogni anno ci aspetta in Congo con un entusiasmo nuovo e rinnovato, ho respirato condivisione, un incontro e scontro da cui nascono poi fiori e frutti, progetti che girano, che funzionano, che danno il via ad un processo così grande che ti emoziona al sol pensiero.
Questo ho respirato tra i turbinii di terra rossa, nei gesti semplici e quotidiani come quello di un bambino che va a scuola la mattina, di una donna che cucina accendendo il fuoco a terra, di un uomo che trasporta quintali di legna. Il tutto percorrendo chilometri e chilometri di terra che dopo anni di lavoro concreto e reale si racchiudono nella parola Comunità. Che Amka con amore, pazienza e dedizione ha creato, ha cucito come si fa con una rete.

Lo scorso Agosto, in questo gran via vai di vite c’eravamo io e i miei compagni di viaggio.
Tanto diversi in età, caratteri, interessi, studi e lavori, con poche cose che ci accomunano, forse, ma solidissime:
la
sceltadi essere lì in quel momento, di “svegliarsi”, di cambiare punto di vista;
la
responsabilitàdi tornare poi con la valigia piena di cose da distribuire a chi se pensa all’Africa ha come prima immagine il caldo e gli insetti davanti agli occhi.

Grazie ad Amka, che mi insegna a reinventarmi, ogni volta.

Margherita, volontaria AMKA 2018

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