Giulia è una giovane e appassionata nutrizionista. Conosce molto bene il tema della malnutrizione, ha…
Al lume di candela un pò di Congo
Al lume di candela oggetti e persone sono diversi, le forme si stagliano nette, ciò che è di fronte brilla caloroso di arancio, il retro non si vede più, immerso nel buio specie se intorno tacciono altre fonti luminose.
Così è questa notte in una città congolese, ove neanche le stelle le vedi per l’umidità e lo smog che velano l’atmosfera, negando anche la bellezza naturale del cielo d’estate. Non brilla la croce del sud, nulla sembra indicare una strada precisa a questa terra lenta e lontana.
Posate sul muro le birre, gelate chissà come in questo quartiere senza elettricità, lasciano srotolare i pensieri serali che sciabordano incessantemente seri o faceti però sempre inquieti.
Si attardano con noi due amici congolesi, conosciuti studenti religiosi nella Roma degli anni novanta, cercando di spiegarci qualcosa di più di questo pezzo di mondo.
Parlano della corruzione vorace che emerge come piaga pesante e diffusa che sottrae ingenti risorse al paese, attraverso il controllo capillare di molteplici attività quelle minerarie in primis. Un dato di fatto è la scarsa capacità d’incidere in modo credibile e continuativo da parte delle grandi organizzazioni umanitarie affiliate all’ONU. Emerge il ruolo dei cinesi che tanta paura fanno agli occidentali, ma sono disposti a lasciare quaggiù un poco di più dei loro predecessori europei (quanto al paese e quanto alle tasche di gestisce il potere?). Si tratta di un territorio enorme ove è molto difficile lasciare dei segni concreti per tutti: Kinshasa e Lubumbashi sono come due galassie lontane. Certo il paese cresce tra il 5 e 10% l’anno ma partendo da un PIL bassissimo e in modo fortemente legato ai prezzi delle materie prime.
Ci vorranno vent’anni ci dicono (ottimisti?) i nostri interlocutori, di sforzi continui in una direzione comune sempre che non impazzi di nuovo la guerra i cui focolai non si estinguono mai (oggi nel Kivu a Nord Est si combatte ancora). Che farà il resto del mondo nello stesso periodo?…non credo che resterà fermo ad attendere.
Intanto la povertà è devastante, il reddito medio intorno ai 100 USD/anno, l’agricoltura non cresce elettricità e acqua hanno impatto zero sul PIL.
Abbozzo, un po’ scettico, rudimentali ragionamenti di business e sviluppo, l’energia rinnovabile il solare…chissà?
E poi, finita la birra ed acceso il braciere, irrompe allegro il rito della pasta ad affermare il DNA della nostra piccola equipe. Ma nel buio del patio continuano i ragionamenti su Amka e sul Congo. Da dove comincia la costruzione di un paese? Dalla formazione di una nuova classe dirigente, sia scolastica che delle coscienze, dall’educazione, dalla protezione della salute, da investimenti in infrastrutture correttamente gestiti che solo enti internazionali o i ricchi di qui potranno attivare…
Ma, io penso, che sia necessario anche un cambiamento di passo da parte di questa popolazione che, senza omologarsi alla fretta europea e senza perdere la sua capacità solidale e di attenzione alla persona, deve divenire più capace di organizzarsi, più efficiente, più forte nell’uso dei numeri. Come aiutare senza rimanere i bianchi ricchi da cui tutto dipende? Come educare abbandonando il nostro senso di superiorità…e specialmente in quanto tempo?
E’ indispensabile essere sostenuti da una motivazione profonda e da una visione di lungo periodo che non arretri contro le sconfitte quotidiane e accetti a tutto campo il confronto culturale. E’ fondamentale ampliare la cerchia di chi sente la voglia di spendersi. E’ critica l’adozione di una strada internazionale comune. I fili si aggrovigliano e la matassa è li tutta da dipanare.
Sale un poco di luna nella foschia umida, è solo il primo spicchio della nuova stagione, da queste parti dicono che nelle notti così accadano eventi irrazionali che cambiano gli equilibri per uomini e cose. Il Congo annerito attende impotente. La nostra candela illumina solo una parte della verità. La pasta ormai è pronta, la nostra realtà italiana ci sembra più facile forse anche perché ci illudiamo di sostituire la candela accendendo la luce.
Pier Francesco
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